TAVOLO DI LAVORO “GESTIONE E FRUIZIONE DEL FIUME PO NEL TRATTO CITTADINO”

Alla cortese attenzione
Assessora Mobilità Sostenibile e Infrastrutture Maria Lapietra
Pc Assessore Ambiente Alberto Unia
Presidente VI Commissione Federico Mensio Comune di Torino

Torino, 10 marzo 2020
Oggetto: TAVOLO DI LAVORO “GESTIONE E FRUIZIONE DEL FIUME PO NEL TRATTO CITTADINO”.
Contributi e osservazioni della Consulta Ambiente e Verde della Città di Torino

La Consulta Ambiente e Verde ha seguito con interesse attraverso alcuni suoi rappresentanti i due incontri che si sono svolti rispettivamente il 6 settembre e il 16 dicembre del 2019 sul tema sopraindicato, convocati dall’Assessorato alla Viabilità, Trasporti, Infrastrutture e Mobilità Sostenibile, e formula alcune considerazioni e proposte, di seguito riportate, in previsione del prossimo incontro che dovrebbe essere convocato nel mese di marzo, assicurando massima attenzione al seguito dei lavori.

Visione globale condivisa e pianificazione
In primo luogo occorre ricordare come una nuova attenzione per lo stato di salute del fiume Po nasca
da un forte movimento di opinione che ha coinvolto negli anni numerose associazioni, e ha portato
infine alla sottoscrizione del “Manifesto per il Po”, che ambisce ad invertire la crescente tendenza al
degrado ambientale del maggior fiume italiano e dei suoi affluenti, con un bacino che si articola lungo
le maggiori aree urbane del Nord Italia, proponendo un Piano Strategico per il Po a cui tutti dovrebbero contribuire, dagli Enti territoriali competenti (Regioni e Comuni) ai gestori delle Aree Protette, comprendendo anche le associazioni portatrici di interessi diffusi, e tutti coloro che sono interessati al recupero ambientale di questa grande risorsa, la cui pianificazione fa capo all’Autorità di Bacino e all’Agenzia Interregionale per il Fiume Po.
Un progetto ambizioso che dovrebbe portare alla collaborazione di tutti i soggetti interessati (istituzioni, servizi, le varie realtà che vivono il fiume nelle sue dimensioni), evitando la frammentazione delle competenze per costruire una visione di insieme, con proposte che valutino le varie esigenze da considerare in un approccio globale che tenga in debito conto i diversi livelli di complessità e peculiarità dell’intero bacino idrogeologico che coinvolge la città, i vari affluenti, le diverse zone con le loro specificità e le presenze umane e non umane in un quadro che tuteli la vita del fiume, la salvaguardia degli aspetti naturali, la rinaturalizzazione, il mantenimento di un ambito paesaggistico di rilievo in un quadro architettonico – storico – ambientale – sociale – monumentale di pregio.
Un piano condiviso che tenga conto delle varie problematiche, degli interventi necessari ma anche delle
aspettative e delle iniziative da promuovere e che costituisca una reale opportunità di progresso e
sostegno sociale ed economico per la Comunità.
Questo per recuperare il Po come parte integrante della vita della Città, ristabilire un maggior equilibrio tra gli aspetti naturali e la presenza antropica, salvaguardando gli aspetti ambientali e naturalistici di pregio che abbiamo in città, per riportare l’attenzione alla salvaguardia del fiume mantenendo un EQUILIBRIO tra le varie esigenze, partendo dalla situazione di biodiversità che si è creata, talvolta nonostante l’azione antropica, e considerando anche l’area collinare sia per il continuum paesaggistico e ambientale sia per il contributo che offre ad un’area di interesse internazionale (vedi il riconoscimento MAB – UNESCO)
In ogni caso, riteniamo che l’approccio al problema debba procedere in modo integrato, mettendo
assieme le diverse competenze, in primis quelle dell’Ambiente, con un occhio al tema della qualità dei
corpi idrici e alla tutela delle acque includendo i Servizi già a disposizione delle Pubbliche
Amministrazioni tra cui il Servizio di Tutela Flora e Fauna della ex Provincia di Torino che proponiamo
di coinvolgere.
La Città di Torino può svolgere un ruolo importante, essendo il tratto torinese del Po parte
fondamentale del corso del fiume, che versa oltretutto in condizioni assai critiche, giacché il fiume è
stato sostanzialmente artificializzato e “bacinizzato”, con traverse a monte e a valle del tratto urbano, e la presenza dello sbarramento costituito dalla Diga Michelotti, importante per la fruizione turistica e sportiva ma al contempo fattore di incremento della sedimentazione del limo in alveo.
La Città di Torino approvò, alla fine del 1993, il progetto “Torino Città d’Acque”, che proponeva la
formazione di una serie di “parchi lineari” lungo le sponde dei fiumi cittadini, collegando quelli già
esistenti, e realizzandone altri che costituissero un vero “sistema”, incrementando la fruibilità
ciclopedonale delle sponde fluviali anche in tratti sottoposti a forte degrado e occupazioni sovente
abusive di aree demaniali o addirittura di porzioni di alveo.
Il Piano d’Area del Sistema delle Aree Protette delle Fasce Fluviali del Po individuava due grandi aree di rilevante valenza naturalistica, il Parco delle Vallere a Sud e l’area della Confluenza a Nord, con i parchi della Colletta e soprattutto quello del Meisino, evidenziando anche la criticità del tratto più tipicamente urbano del Po a Torino, per il quale si proponevano (ove possibile) interventi di rinaturalizzazione delle sponde.
Considerando anche che il Po rappresenta comunque un sistema fragile, non in sicurezza, la cui qualità
delle acque ed il loro uso andrebbero migliorate, garantendo ovunque fruibilità e decoro minimo, oggi,
potremmo cogliere questa occasione, a distanza di 25 anni dall’approvazione del Piano Regolatore, per
dare priorità alla verifica dello stato di attuazione del progetto “Torino Città d’Acque”, individuando i segmenti ancora mancanti, necessari a stabilire la continuità dei percorsi di collegamento e valutando al contempo le criticità e i dissesti di carattere idrogeologico evidenziati dalle piene del Po a partire dal 1994 per arrivare a quella del novembre 2019.
Soprattutto la grande piena dell’ottobre del 2000 ha evidenziato i tratti più critici dell’asta fluviale del Po e dei suoi affluenti.
La finanziabilità della progettazione deve poter garantire non solo la realizzazione di eventuali interventi straordinari e la loro ovvia sostenibilità dal punto di vista idrogeologico, ecologico ed ambientale, la compatibilità dell’eventuale ripresa della navigazione turistica nel rispetto delle attività sviluppate sul fiume dalle associazioni, ma anche e soprattutto le risorse per la manutenzione ordinaria che va mantenuta costante.
Tutto questo richiede inoltre una costante vigilanza e il mantenimento di una pronta capacità di
intervento per la quale è fondamentale un costante coinvolgimento delle società remiere.
Visto il perdurare della carenza di risorse, come il recente passato insegna, risulta quindi fondamentale impostare le azioni nella sicurezza di poter garantire una corretta e costante gestione; per tutti, portiamo ad esempio la situazione degli attracchi nel tratto verso Moncalieri, resi inutilizzabili dalle alluvioni e dalla mancanza di manutenzione anche in riferimento all’alveo del fiume e mai di fatto ripristinati.
Pertanto occorre costruire una modalità di collaborazione e raccordo sul territorio che riesca a fare
sistema per indirizzare e coordinare gli sforzi ed individuare e convogliare finanziamenti ed investimenti per la realizzazione del piano complessivo; fondamentale in questo l’azione di raccordo
dell’Amministrazione Comunale.

Navigabilità sul PO, infrastrutture, manutenzione e salvaguardia ambientale
In questi anni si è posto più volte il tema della “navigabilità” del Po nel tratto urbano di Torino, tema complesso e di non facile soluzione per un suo ipotetico prolungamento a valle fino all’area della
Confluenza Po-Dora-Stura, dove è insita una riserva naturale di grande valore, e a monte verso
Moncalieri ove già esiste un attracco per i battelli fluviali in lungo Po Abellonio.
Nella passata amministrazione si tentò di legare il tema della navigabilità a quello della costruzione di un impianto idroelettrico in corrispondenza della Diga Michelotti, ambientalmente assai problematico, che avrebbe comportato un rilevante ed invasivo intervento in alveo a valle della Diga, per arrivare fino a Sassi.
La questione vera da affrontare però, è quella della compatibilità ambientale di tali progetti di
navigabilità, unitamente a quello della difficile gestione di un sistema così complesso, che rischia di
trasformare il Po in un “canale navigabile ma artificiale” con impatti irreversibili sulla biodiversità e sull’avifauna che ha ripreso possesso, anche in maniera stabile, di alcune zone del fiume.
Da una parte non è auspicabile che il corso del Po a Torino venga ulteriormente artificializzato con altre difese spondali, compromettendo le aree di interesse naturalistico, divenute zone di rifugio e di
nidificazione dell’avifauna; d’altro canto non è pensabile di ripetere gli errori del passato, allorché
vent’anni or sono vennero onerosamente costruiti con un finanziamento regionale gli attracchi per i
battelli fluviali dai Murazzi alle Vallere, lasciati poi in pietoso stato di abbandono dopo le prime alluvioni per mancanza di risorse manutentive e per scelte sbagliate nella tipologia dei battelli fluviali utilizzati.
La decisione di lasciare in capo a GTT la gestione del sistema di navigazione turistica sul Po non prendeva in considerazione le caratteristiche del fiume, sempre più soggetto a lunghi periodi di magra in inverno e in estate, alternati con eventi alluvionali improvvisi e in alcuni casi disastrosi, con un’utenza limitata a pochi mesi all’anno e interferenze anche con la fruizione sportiva del fiume.
Affrontare oggi il tema della “navigabilità” del Po a Torino, questione che si ripresenta quasi
ciclicamente da vent’anni a questa parte, ripropone come già detto due temi di fondo: la compatibilità
ambientale di ogni progetto di questo tipo, che andrebbe a incidere sulle già ridotte aree di “naturalità” del Po a Torino, e la sua futura gestione.
Non è più ipotizzabile pensare al tema della “navigabilità” in un’ottica di carattere soprattutto
infrastrutturale, dove in ogni caso va incoraggiato il recupero dell’esistente piuttosto che nuove
realizzazioni, senza porsi anche il problema dei costi di gestione di un siffatto progetto.
Un eventuale “soggetto gestore” dovrebbe infatti farsi carico dei pesanti oneri manutentivi sia degli
attracchi fluviali per i battelli, difficilmente riutilizzabili per una navigazione auspicabilmente più
“leggera”, sia soprattutto degli interventi per la manutenzione dell’alveo, all’interno del quale si
dovrebbe realizzare una sorta di “canale navigabile” che andrebbe sempre essere mantenuto libero, sia
dai depositi provenienti dal fiume a monte di Torino, sia dalle deiezioni dei rii collinari (come il rio Sappone).
Naturalmente il tema dovrebbe oggi ampliarsi anche alla tipologia di battelli da adibire alla navigazione turistica e alla loro alimentazione, dando la preferenza a battelli “a chiglia piatta” o comunque di limitatissimo pescaggio, e a bassissimo impatto (tipo full electrics con centraline fotovoltaiche per la ricarica).
Occorre inoltre avere consapevolezza che i punti di ricarica dovrebbero avere una distribuzione
costante lungo il corso del fiume: questo comporta problematiche tecniche di non semplice soluzione.
Inoltre sarebbe necessario valutarne tutti gli aspetti, come il cambiamento delle norme sulla
navigazione fluviale ora in vigore, il problema della sicurezza, e l’eventuale conflitto con la pratica
sportiva.
Visto le passate esperienze, particolare attenzione va prestata al loro ricovero soprattutto in
corrispondenza di piene di particolare entità senza però ipotizzare interventi “strutturalmente pesanti” per il rimessaggio dei battelli.
Sottolineiamo che non è sufficiente attingere ad eventuali finanziamenti statali o regionali se poi i costi di gestione diventano insostenibili per un’amministrazione locale o per una società partecipata,
ripetendo esperienze negative.
Basta constatare oggi la scarsità di risorse per la manutenzione ordinaria del fiume e per la rimozione
dei detriti dopo ogni piena del fiume in corrispondenza dei ponti torinesi, nonché per i tempi per la
rimozione del limo depositato sui percorsi ciclopedonali lungo le sponde, e le complicazioni delle
procedure legate agli appalti.
I lunghi periodi di magra del fiume impediscono poi per mesi la navigazione fluviale a fini turistici,
riducendone l’esercizio a pochi mesi all’anno. La stessa rimozione dei rifiuti dalle sponde fluviali o gli interventi per contenere specie vegetali invasive sono interventi che dovrebbero diventare periodici e non occasionali.
Riteniamo inoltre che il tutto vada analizzato all’interno di un Piano che dovrebbe coinvolgere anche gli aspetti legati alla mobilità sostenibile, che comprenda la navigabilità in connessione con gli altri tipi di mobilità cittadina, trasporto pubblico e privato, mobilità ciclabile e pedonale, le modalità di fruizione e la tipologia dei natanti che dovranno avere caratteristiche coerenti con la situazione del fiume Po, con attenzione alle peculiarità naturalistiche da mantenere, per il valore che hanno per la Città e per l’ambiente; un piano redatto senza contrapposizioni pregiudiziali, in una visione complessiva e condivisa con tutte le realtà particolarmente attive e partecipanti alla vita del fiume, istituzionali e sociali, non ultimo GTT.

Prime Proposte operative
Di fronte alla complessità e onerosità di interventi infrastrutturali rivolti alla navigabilità turistica, riteniamo che sarebbe più opportuno puntare su alcune scelte più sostenibili e praticabili in tempi brevi:
1. Incremento e sostegno alle attività di canottaggio presenti sul fiume, che storicamente
connotano e animano il panorama del fiume urbano, con gare di livello internazionale che
offrono anche consistenti ricadute turistiche, e praticano l’avviamento dei giovani allo sport.
2. Promozione del noleggio di barche da diporto, un tempo presenti ai Murazzi e al Valentino,
legando tale attività a quelle già esistenti rivolte alla somministrazione. In particolare ai Murazzi,
primo affaccio sul fiume dei flussi turistici, spicca oggi l’assenza di qualsiasi possibilità di utilizzo di imbarcazioni da diporto.
3. Fermo restando che in alveo gli interventi più “corposi” devono essere gestiti da A.I.P.O., in
particolare per la rimozione di tronchi e alberi pericolanti, occorre che la Città abbia tra le sue
priorità, con mezzi tecnici adeguati, la manutenzione ordinaria del fiume, sia per quanto riguarda
la rimozione dei rifiuti sia per quanto riguarda la pulizia delle sponde dopo ogni piena,
eventualmente creando un servizio apposito a ciò dedicato all’interno del Comune, coinvolgendo
le competenze tecniche dei settori facenti capo a Ponti Canali e Alvei Fluviali, Area Verde,
Ambiente, tenendo in debito conto la salvaguardia degli aspetti di naturalità:
a. il fiume ha una funzione fondamentale che è la autodepurazione; occorre quindi che le
“periodiche pulizie”, per esempio per eliminare rifiuti e residui portati dalle piene
presso i ponti, vengano fatte con attenzione e competenza per non eliminare, insieme
ai rifiuti, anche la flora naturale (vedi la vegetazione perifluviale primaria) che, oltreché
indispensabile per l’avifauna, ottempera a questa funzione e non va eliminata per
evitare il rischio di creare un “buon canale navigabile” ma con una scarsa qualità
ambientale;
b. si sottolinea l’importanza della scala di risalita per i pesci in sponda sinistra in
corrispondenza della traversa Michelotti; la scala è stata costruita in collaborazione con
il Servizio Flora Fauna dell’ex Provincia di Torino; occorre rispettarne e valorizzarne la
funzione ecologica che permette il continuum fluviale grazie alla “circolazione”
dell’ittiofauna; continuum che andrebbe studiato con metodiche di valutazione della
risalita, ed utilizzato per comprendere meglio lo stato di salute del fiume per
individuare scientificamente le pressioni alle quali il fiume è sottoposto;
c. la protezione della fauna acquatica autoctona (trota marmorata, cavedano, vairone)
che, pur depauperata da una qualità delle acque scadente e dalle specie alloctone,
continua a sopravvivere dandoci un esempio di resilienza e deve essere aiutata con il
mantenimento del deflusso minimo vitale biologico.
4. Attenzione per gli aspetti legati all’avifauna e alla tutela dell’ambiente naturale; la “valorizzazione territoriale” deve collocarsi entro questi criteri di tutela:
a. la rilevanza degli aspetti di salvaguardia e conservazione, riferiti in particolare alla
presenza di uccelli, soprattutto anatidi svernanti, con particolare riferimento alla zona
del Meisino, confluenza del Po con la Dora Riparia e il tratto a valle della Diga del
Pascolo, oltre al tratto terminale dello Stura di Lanzo, prima della sua confluenza nel
Po, area designata come Zona di Protezione Speciale ai sensi della Direttiva Uccelli
2009/147/CE (ex-79/409/CEE), con la denominazione di “Meisino” (IT1110070-
Confluenza Po-Stura di Lanzo), oltre che Riserva Naturale a gestione regionale, facente
parte del sistema delle aree protette della fascia fluviale del Po
b. La presenza di una notevole quantità e varietà di specie è legata a molteplici fattori, di
tipo geografico, morfologico e idrologico; ma uno dei principali è riconducibile alla
relativa tranquillità e protezione dell’area, in quanto in un contesto urbanizzato
vengono a mancare attività di disturbo e di minaccia diretta che possono presentarsi in
altri contesti. E’ quindi in tale ottica che ogni intervento che vada a minacciare la
relativa tranquillità e non perturbabilità del tratto fluviale va considerato; la naturale
difficoltà alla navigazione determinata dalla presenza di sbarramenti e dalla morfologia
del fondale, a valle dei Murazzi del Po, è stata e continua ad essere la principale
garanzia per la tutela del sito; ogni intervento che vada in direzione diversa sarà causa
di alterazione di tale equilibrio e come tale dannoso per la conservazione naturalistica
del tratto fluviale. E’ quindi fondamentale un percorso che casomai porti alla
valorizzazione degli aspetti naturalistici, ai fini della divulgazione e fruizione della
biodiversità, e non a utilizzi che più classicamente possono essere riservati ad altri tratti
dei corsi d’acqua urbani, che non presentino tali peculiarità.
5. Nel marzo del 2015, il Parco del Po e la Collina di Torino sono stati dichiarati “Riserva di Biosfera Italiana Unesco”; i motivi alla base di questo riconoscimento sono molteplici e comprendono la
grande biodiversità della zona, la ricchezza di acque, le colline coese e ricche di boschi ed un
numero sempre crescente di esemplari di flora e fauna.
Occorre mantenere elevati questi standard per continuare a mantenere questo importante
riconoscimento; ogni 10 anni verrà infatti richiesto dall’Unesco un report di verifica per certificare
il rispetto degli standard necessari.
Chiediamo quindi al Comune di Torino quali azioni intende intraprendere per consolidare il
riconoscimento MAB Unesco.
6. Gestione degli eventi critici / emergenze: si sottolinea l’importanza che le società remiere siano
considerate elementi di presenza e controllo, con capacità di intervento per l’area fluviale in
occasione di eventi critici che ormai si ripetono con cadenze ravvicinate tanto da farle rientrare
in una situazione di “ordinarietà”.
7. Individuazione dei punti problematici che ostacolano l’avanzamento del progetto Ven-To,
mirante a recuperare la piena percorribilità ciclabile delle sponde fluviali, laddove oggi persistono
“buchi neri” come la sponda destra tra il confine con Moncalieri e il quartiere del Pilonetto, anche
a seguito dell’alluvione del 2016, mentre il percorso è costretto a spostarsi sulla sede viabile di
corso Moncalieri. Tra gli altri, vanno ricordati anche i sotto attraversamenti di alcuni ponti.
8. Occorre poi prestare la massima attenzione alle tante forme di “urbanizzazione strisciante” delle
sponde, ove sussistono impianti sportivi e concessioni rilasciate dal Comune, che purtroppo è
proseguita anche dopo l’approvazione definitiva del vigente Piano Regolatore, e vigilare sulle
occupazioni talvolta abusive di aree demaniali.
9. Proponiamo, come effetto “collaterale” rispetto a questo contesto, di intervenire con
accorgimenti edilizi progettuali, da prevedere nel Regolamento Edilizio, come effettuato nei
comuni di Belluno e Bolzano, dove, ad esempio, i garage vengono provvisti di chiusura ermetica
per ridurre i danni alluvionali.
10. Coerentemente con le indicazioni del Piano d’Area del Sistema delle Aree Protette della Fascia
Fluviale del Po a Torino occorre valorizzare e completare il Parco del Meisino, nel quale si indicava
come priorità la realizzazione di un “centro didattico e di educazione ambientale” presso la
cascina Malpensata, quale nucleo di riferimento di una rete di percorsi e di aree attrezzate per
l’osservazione scientifica e naturalistica. La cascina Malpensata (ex-Galoppatoio del Meisino)
potrebbe diventare un punto di riferimento anche per il progetto “Ven-To”, nel rispetto dei valori
naturalistici di tutta l’area della Confluenza e la loro conoscenza.
11. Occorre agire per migliorare la consapevolezza e la formazione della cittadinanza, che va aiutata
a migliorare conoscenza, attenzione e comportamenti virtuosi e coscienti.
L’attività educativa, rivolta con particolare attenzione alle scuole, ma anche a tutta la
popolazione, non deve rimanere un’azione di contorno ma deve trovare una dimensione
concreta e rilevante all’interno della visione complessiva:
a. Gli aspetti educativi legati al fiume possono trovare una immediata risposta all’interno del Patto
di Collaborazione “AMBIENTE – La cultura del cambiamento”, che prenderà l’avvio nei prossimi
giorni, e che vede già coinvolti gli Assessorati Istruzione, Ambiente e Pari Opportunità della
Città, e può fornire un supporto sia per l’educazione ambientale sia per l’informazione e la
comunicazione relativa alle progettualità legate al fiume e alla sua fruizione.
b. Promuovere la formazione alla percezione del rischio e alla convivenza con il fiume costruendo
nei cittadini capacità resilienti che permettano di affrontare le conseguenze della “costrizione
antropica” che il fiume deve subire.
12. La comunicazione è una azione da sviluppare in maniera strutturata; il patrimonio naturale deve
essere considerato e percepito come elemento fondamentale per il futuro dell’umanità;
considerato il livello culturale generale, occorre lavorare verso una sorta di “rieducazione”,
realizzando e mantenendo costante una campagna di informazione/formazione anche creando
punti di riferimento permanenti sul percorso del fiume.
In questo la Scuola e le Associazioni possono svolgere un ruolo di estrema rilevanza.
13. la fruizione del fiume e delle sue aree circostanti, sponde in primis, è il tema che può riunire le
varie questioni: deve essere indirizzata verso forme che sappiano conciliare lo sport, un turismo
responsabile, una mobilità sostenibile, la salvaguardia delle valenze naturalistiche ed ambientali,
la possibilità di “vivere” la riscoperta del fiume offrendo ai cittadini spazi di piacere e serenità;
per questo è indispensabile individuare modalità che prevedano forme partecipate e condivise
di gestione che coinvolgano tutti gli stakeholders interessati stimolando alla riflessione comune
anche il mondo commerciale e della ristorazione.
14. Ultimo, ma non meno importante, la riqualificazione morfologica del fiume: forse è il caso di
riflettere sull’approccio sistemico legato alle emergenze climatiche ormai ricorrenti, ad oggi
affrontate esclusivamente in termini di manutenzione ordinaria e straordinaria con interventi di
carattere idraulico, e ripensare a come rioffrire spazi, che erano suoi, al fiume per evitare di
rincorrere i danni con azioni di ripristino, cercando invece di intervenire morfologicamente in
alcune zone; ciò abbatterebbe le spese di manutenzione costante cercando altresì di intervenire
sulle cause ridando vitalità al fiume.

CONSULTA COMUNALE PER L’AMBIENTE E IL VERDE
Il Presidente Emilio Soave
Il Vice Presidente Piergiorgio Tenani

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