Osservazioni alla proposta tecnica del progetto preliminare di revisione del PRG di Torino

La Consulta Ambiente e Verde, inserita tra i soggetti invitati a presentare osservazioni nel pubblico interesse alla Proposta Tecnica del Progetto Preliminare di Revisione del vigente Piano Regolatore Generale, approvata con Delibera Consiliare del 20 luglio scorso, formula le seguenti osservazioni, in parte di carattere generale e in parte di argomento più specifico, riservandosi di formulare altri rilievi puntuali nelle fasi successive di elaborazione, adozione e approvazione del Progetto Preliminare:

PREMESSA
Esprimiamo apprezzamento per la cospicua mole di lavoro svolta dagli Uffici del Piano per l’aggiornamento e l’adeguamento del PRG alla strumentazione territoriale relativa ai diversi piani sovraordinati approvati dal 1995 ad oggi, e alle normative in campo edilizio e urbanistico sopravvenute anche di recente, lavoro svolto in tempi ristretti tra l’Atto di Indirizzo del 2017 che ha portato ad una revisione generale del PRG, e alla presentazione di nuovi allegati tecnici di non facile elaborazione.

Considerata la complessità della materia, sarebbe stata opportuna una presentazione più “aperta” e partecipata della Proposta Tecnica, con l’esposizione in luogo pubblico delle Tavole Normative, di tutti gli Allegati Tecnici, delle Tavole Tematiche e della documentazione cartografica, non facilmente consultabili on line, e per di più in una scala che le rende difficilmente leggibili e consultabili.

Ciò ha fortemente limitato, in contemporanea con l’emergenza Covid 19, la partecipazione al procedimento, anche per ciò che concerne la V.A.S. Infatti, dopo la Delibera di Indirizzo del 22 maggio 2017, si sono svolti alcuni dibattiti e incontri pubblici nel periodo 2017-19, molto prima che fosse disponibile anche solo una parte della documentazione, o quanto meno un’esposizione dei criteri generali della Proposta Tecnica, senza focalizzazioni tematiche e senza la raccolta di esigenze o criticità emerse dal territorio.

Si auspica pertanto che nelle fasi successive l’illustrazione pubblica del Progetto Preliminare sia improntata ad altre modalità partecipative. A tal fine sarebbe comunque ancor oggi utile programmare l’esposizione pubblica di tutti gli Allegati Tecnici, e delle diverse Tavole Tematiche, di difficile lettura.
In particolare sarebbe opportuna una miglior rappresentazione grafica delle aree di trasformazione, ovvero delle Z.U.T. e delle A.T.S. già attuate, in itinere o in fase di attuazione, di quelle soltanto in fase di istruttoria e soprattutto di quelle non attuate (i cosiddetti “vuoti urbani”), ai fini di una buona lettura del territorio e delle sue trasformazioni, con una cartografia almeno nella scala 1:5.000 che consentirebbe un raffronto su analoga scala con la precedente cartografia degli Azzonamenti, aiutando anche a comprendere l’accorpamento di alcune aree normative .

In linea generale la Proposta Tecnica pare mirata soprattutto all’adeguamento della attività edificatoria e delle norme edilizie in generale ai principi della “semplificazione”, sulla base di una legiferazione nazionale e regionale ispirata al criterio della “rigenerazione urbana”che si è sviluppata in questi anni, ed ha avuto una spinta ulteriore con l’emergenza covid-19 nell’intento di dare impulso alla ripresa economica, fino ad arrivare al “Riparti Piemonte” approvato dalla Regione Piemonte, e al recente provvedimento del Governo approvato ai primi di settembre che ha come tema dominante sempre la “Semplificazione”.

Per molti versi è giusto premiare interventi rivolti al risparmio energetico, all’adeguamento alle norme antisismiche e più in generale alla riconversione spesso assai costosa di edifici degradati, con la riqualificazione di un patrimonio edilizio pubblico e privato spesso obsoleto; a ciò si affianca l’introduzione di norme più “flessibili” che contemplano anche l’introduzione di “usi temporanei” e di nuove destinazioni d’uso non previste nell’ultimo decennio del Novecento.
Così le Aree Normative vengono ridotte da 23 a 13, ampliando le destinazioni ammesse, e le Zone da Trasformare per Servizi prevedono un “lieve aumento dell’indice di edificabilità” per la “realizzazione di edilizia residenziale sociale”, augurandoci che ciò non vada a detrimento delle dotazioni di verde e servizi di interesse zonale.

Tuttavia il criterio generalizzato dei “permessi di costruire in deroga”, varato a livello nazionale con la legge 106 del 2011, e implementato a livello regionale con la legge 16 del 2018, avente come tema il “Riuso e la riqualificazione dell’edificato”, con interventi che prevedono la possibilità di incremento della SLP del 20%, consentendo interventi di demolizione-ricostruzione, modifiche di sagome e di altezze, e (come sta avvenendo con la Legge 106) anche delocalizzazioni di SLP su altre aree, andrebbero governati e interpretati con una forte attenzione ai valori storici e ambientali, nei centri storici, nelle zone urbane consolidate, e in quelle classificate come “verde privato con preesistenze edilizie”, prestando particolare attenzione al territorio collinare.
Riteniamo al contempo che una proposta di revisione generale del vigente PRG dovrebbe costituire un’occasione di più ampio respiro per una riflessione sullo sviluppo urbanistico di questi ultimi 25 anni, non solo per condurre a un adeguamento di carattere normativo improntato alla semplificazione. La semplificazione viene troppo spesso individuata come unico rimedio alla complessità di un apparato normativo additato come primo ostacolo alla “rigenerazione urbana”, quasi che, oltre alla “burocrazia” sempre sotto accusa, non esistessero anche altre logiche di mercato in campo immobiliare operanti in cicli di lungo periodo, ed i grandi cambiamenti demografici nelle maggiori aree urbane.

A. RILIEVI DI CARATTERE GENERALE
• La capacità insediativa residenziale teorica
L’attuale capacità insediativa residenziale teorica ammonta a 1.135.000 abitanti, dato già frutto di un ridimensionamento rispetto alla capacità insediativa prevista originariamente nel Piano di Gregotti e Cagnardi, di ca. 1.150.000 abitanti.
Il continuo ridimensionamento della popolazione (che include anche quella straniera), giunta oggi a ca. 870.000 abitanti, avrebbe dovuto portare a un più deciso ridimensionamento, che poteva collocarsi al massimo intorno ad 1 milione di abitanti. Si è scelto invece di attestarsi su una previsione di 1.098.000 abitanti (966.000 abitanti “fissi” e 134.000 abitanti “fluttuanti”, con un modesto ridimensionamento pari a ca. 37.000 abitanti teorici rispetto al PRG di Gregotti e Cagnardi.
Le motivazioni discendono dal fatto che si computa oggi l’esistenza di una popolazione fluttuante di ca. 70.000 studenti fuori sede (portati poi a 79.000), e di circa 25.000 turisti-visitatori (con dati oscillanti a livello stagionale).

Data l’entità del patrimonio edilizio da riqualificare, degli immobili pubblici in abbandono (di cui occorrerebbe un censimento), e dato lo sviluppo dell’ospitalità temporanea diffusa (B.&B., affittacamere, etc.), tale previsione sembra infondata, a maggior ragione nel momento in cui dopo l’emergenza covid-19. si sta diffondendo l’esigenza di maggiori spazi e di “rarefazione” e distanziamento della popolazione.

Peraltro nell’Atto di Indirizzo per la Revisione del P.R.G. approvato dal C.C. il 22 maggio 2017, si indicava che tale revisione doveva basarsi “su un censimento del patrimonio immobiliare inutilizzato e degradato, ai fini della pianificazione e della promozione del riuso e della riqualificazione”.
Di tale censimento, certo complesso, da delineare almeno per grandi linee, non vi è traccia nella Proposta Tecnica.

Senza tale censimento la stessa capacità insediativa non può certo basarsi sulla previsione di una crescita ininterrotta della popolazione studentesca e dei flussi turistici; diversamente città sicuramente più turistiche e con cospicue sedi universitarie (ad es. Firenze, Bologna o Perugia) dovrebbero prevedere un incremento abnorme della capacità insediativa.
Se poi tal previsione di quasi 1.100.000 abitanti è stata formulata per non “scoraggiare” l’investimento immobiliare, nel timore di ridimensionarne le aspettative in un momento generale di crisi, la capacità di guida della Città dovrebbe ora immaginare anche altri scenari che si stanno delineando, come l’invecchiamento della popolazione, il probabile ridimensionamento delle R.S.A. dopo le reclusioni forzate dovute al covid-19 e il necessario rafforzamento dei servizi sanitari di zona (Sanità Territoriale, Case della Salute), e una possibile stasi anche del moltiplicarsi delle stesse Residenze per Studenti, che insieme con le R.S.A. sono state in questi ultimi anni il traino principale degli investimenti immobiliari.

Dal punto di vista ambientale la riduzione del carico antropico e la riqualificazione del territorio, con ampie dotazioni di spazi pubblici, e l’incremento del patrimonio verde sia di “prossimità” sia di grandi parchi, dovrebbero oggi essere indicati come priorità, al fine (detto un po’ rozzamente) di stare un po’ “più larghi”, senza consumo di suolo libero, anziché densificare ulteriormente la città.

• La visione urbanistica e i piani della Mobilità Urbana
La Proposta tecnica prevede una “ricognizione” delle previsioni viabilistiche contenute nel PRG del 1995, ma nel frattempo le riconferma tutte quante salvo il sotto-attraversamento del Po nel territorio della Confluenza. Questa ricognizione è di fatto ancora da realizzarsi, e rinvia alle prossime scelte infrastrutturali.

Riteniamo che, in parallelo con l’elaborazione della Proposta Tecnica, debba essere quanto meno adottato il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS), la cui prima formulazione è ormai “ultradatata”, giacché risale ancora ad una prima adozione effettuata nel 2010 sulla base degli studi compiuti nel decennio precedente. Nel frattempo l’unico strumento in vigore è ancora il vecchio Piano Urbano del Traffico con le sue integrazioni successive, risalente a vent’anni or sono. La redazione del PUMS è stata affidata alla Città Metropolitana, ma deve costituire una delle “ossature” della revisione del vigente PRG, da allegare alla Proposta Tecnica prima della sua approvazione.

Come è precisato nella Relazione Illustrativa, i dati recenti rilevano flussi quotidiani verso la Città di ca. 250.000 spostamenti verso Torino, per 2/3 con mezzi privati, i cosiddetti “City Users”, che impattano sulla Città e dovrebbero essere gestiti privilegiando il trasporto pubblico, mentre non vengono quasi intercettati dalla “mobilità dolce”.
Il P.U.M.S. a quanto è detto dovrebbe giungere ad essere presentato nei primi mesi del 2021, e dovrà anch’esso essere sottoposto a V.A.S., con il vaglio delle relative osservazioni.
Quindi oggi abbiamo ancora uno “scenario aperto”, in cui la stessa realizzazione della Linea 2 della Metropolitana è affidata ad un Accordo di Programma, mentre la situazione indotta dall’emergenza covid-19 pone in crisi l’efficacia, la frequenza e la capienza del trasporto pubblico.

I cardini della “mobilità sostenibile” basati sull’intermodalità poggiano certo sulla c.d. mobilità dolce (pedonalità, piste ciclabili,”percorsi verdi”, Zone 30), ma devono fondarsi anche sulle scelte strategiche per il trasporto pubblico. Pur tenendo presenti i tempi non brevissimi che porteranno all’approvazione del Progetto Preliminare di Revisione, sarebbe indispensabile inserire nella Proposta Tecnica quanto meno le Linee Guida del nuovo PUMS, e allegare un’adeguata cartografia. Per contro alcune scelte infrastrutturali appaiono quanto meno obsolete, e risalenti a previsioni urbanistiche dei primi anni Novanta, prima del completamento del Passante Ferroviario e del Servizio Ferroviario Metropolitano. Più avanti formuliamo alcuni rilievi specifici.

• Il Piano del Verde (o dell’Infrastruttura Verde)
In questo caso, diversamente dal PUMS che la Città aveva quanto meno “adottato” nel 2010, la proposta di un Piano del Verde era tra gli impegni che l’Amministrazione Comunale aveva assunto nel 2006, allorché il Consiglio Comunale aveva approvato il Regolamento di Tutela del Verde Pubblico e Privato, ma tale impegno non ebbe mai seguito.
Nel frattempo sono cambiate non poche norme in materia, e direttive ministeriali tra il 2013 e il 2018, nonché leggi che impegnano le amministrazioni comunali a impiegare quote fisse di risorse derivanti dai permessi di costruire e dagli oneri di urbanizzazione per realizzare spazi di Verde Pubblico con le relative risorse manutentive da iscrivere a bilancio.

Nella Relazione Illustrativa (pag. 26 e pag. 123) si dà ora in fase di avanzata elaborazione tale Piano del Verde. Di esso dovrebbero fare parte integrante i corridoi ecologici costituiti dai 4 fiumi cittadini, i parchi urbani e fluviali, i parchi e il territorio collinare, e le Zone Agricole Ecologiche, nonché quella vasta porzione di territorio e di aree naturali protette che è stata inserita nel territorio M.A.B. Unesco di concerto con il Parco del Po e della Collina Torinese, per finire con il patrimonio di viali alberati, giardini storici, “corridoi verdi” per la mobilità pedonale e ciclabile, insieme con il “verde di prossimità” a valenza di quartiere.

Anche questa “ossatura verde”, così come l’ossatura complessiva del sistema infrastrutturale del trasporto pubblico, nella Proposta Tecnica è rinviata a una successiva elaborazione, ma riteniamo quanto meno che, in attesa della presentazione promessa di un Piano del Verde (o dell’Infrastruttura Verde), tutto questo patrimonio verde venga censito e rappresentato in una cartografia adeguata nella presente Proposta Tecnica, affinché esso possa interloquire con i piani urbanistici e con i piani della mobilità. Infatti senza un maggior grado di definizione e rappresentazione di questa “Infrastruttura Verde”, anche la Proposta Tecnica risulta in qualche modo monca.

Sollecitiamo che il Piano del Verde venga al più presto presentato, prima dell’approvazione della Proposta Tecnica del Progetto Preliminare.

• Le programmazione in campo commerciale e la Legge 106 del 2011
La mancanza di una programmazione in campo commerciale è un’altra delle carenze che si possono rilevare nella Proposta Tecnica. Da tempo è nota la criticità legata alla realizzazione di centri commerciali che si collocano soprattutto in aree extraurbane o periurbane, con forti problematiche legate alla mobilità, e sovente concorrenza quasi suicida tra le grandi strutture di vendita. A Torino si presenta critica soprattutto la zona Nord-Nord Est verso Settimo, unitamente alla zona Ovest-Sud Ovest.

Tuttavia l’aspetto più critico è dovuto all’applicazione della Legge 106/2011, che con i Permessi di Costruire in Deroga ha visto la proliferazione di medie strutture di vendita sotto i 2.500 mq.,col corrispettivo dell’introito per la Città di rilevanti risorse di valorizzazione e oneri di urbanizzazione.
A fronte di una popolazione stazionaria o in regresso, tale proliferazione ha comunque indotto una crisi degli esercizi di vicinato e delle aree mercatali, poi rivalutati invece a seguito dell’emergenza covid-19, allorché la riduzione della mobilità ha indotto a riscoprire il “negozio sotto casa”.

La facoltà di diniego da parte dell’Amministrazione Comunale, connessa anche con il dovere di accertare l’effettivo “degrado” degli immobili proposti per il rilascio dei Permessi in Deroga, con disinvolti trasferimenti e delocalizzazioni di volumetria da parte dei proponenti anche su aree libere destinate a Servizi (è il caso di Corso Brunelleschi con il cosiddetto Prato dei Conigli), non è stata praticamente mai esercitata, e ciò dovrebbe costituire un elemento di riflessione.

Occorrerebbe anche quantificare nella Proposta Tecnica, oltre ai centri commerciali, quanti mq. di SLP a destinazione commerciale per medie strutture di vendita sono stati autorizzati dalla Città nell’arco di un decennio (o sono in fase di istruttoria), facendo ricorso prevalentemente a Permessi di Costruire in Deroga in variante al PRG, al fine di valutarne l’impatto sugli esercizi di vicinato e le ricadute ambientali complessive, ovvero gli effetti cumulativi, soprattutto quando sono venuti a coincidere con aree parzialmente libere o prative.

I casi più eclatanti di Permessi di Costruire in Deroga sono stati quelli dell’area ex-Bertolamet a Mirafiori Nord e dell’ex-Filiale FIAT di corso Bramante, già nati come P.R.U.S.A., e poi declassati a Permessi di Costruire in Deroga, che avrebbero dovuto semmai procedere con l’iter classico delle Varianti Urbanistiche, consentendone un maggior approfondimento.

Il tema della programmazione commerciale viene rinviato nella Proposta Tecnica (pag. 136 della Relazione Illustrativa) ad una Variante, di prossimo arrivo in Consiglio Comunale (la n. 325) relativa agli addensamenti commerciali, con un futuro “Allegato C” che dovrà costituire fare parte integrante della Proposta Tecnica. Pur non essendo ancora stata approvata ne vengono anticipati alcuni contenuti e sono censite le aree di addensamento commerciale oggi esistenti, ma non essendo ancora vigente, senza una programmazione intermedia, vi è il rischio di lasciare nel frattempo libero campo al proliferare delle autorizzazioni, con la parallela morìa dei piccoli esercizi di vicinato.
Anche in questo caso ci sembra indispensabile che tale Variante, che comporta una revisione obbligatoria dei criteri commerciali, costituisca un Allegato indispensabile prima dell’approvazione della Proposta Tecnica.

• I trasferimenti delle capacità edificatorie e l’introduzione delle Zone Agricole Ecologiche (Z.A.E.)
Come è noto il PRG del 1995, funzionalmente in raccordo con una previsione di capacità insediativa residenziale sovradimensionata (1.150.000 abitanti), e in rapporto con la dotazione di servizi (aree per parchi urbani e comprensoriali) richiesta dalla L.U.R., si trovò a destinare aree a servizi rapportati a quella previsione, prevedendo oltre 20 milioni di mq. di aree a parco, tra cui 6 milioni di mq. di parchi collinari, che avrebbero dovuto essere acquisiti al patrimonio della Città sotto forma di cessione delle aree in cambio degli atterraggi dei diritti edificatori attribuiti alle aree a parco collocandoli nelle Zone Urbane di Trasformazione, ovvero essere acquisite tramite espropri.

Ai fini della realizzazione di parchi urbani, fluviali e collinari si attribuivano così limitate capacità edificatorie anche a tutte le aree previste a Parco nel territorio collinare, trasferendole in alcune Z.U.T. espressamente individuate, con l’ipotesi di cessioni concordate.

Nella Proposta Tecnica andrebbe effettuato un bilancio, a distanza di 25 anni, di quanto sia stato efficace tale meccanismo dei trasferimenti.
Quali e quante aree a parco sono state acquisite dalla Città in base a tale meccanismo?
Quanta capacità edificatoria è stata fatta “atterrare” nelle Z.U.T.?
Nella parte piana il caso più rilevante è stato quello della cessione alla città di vaste aree agricole nella zona Nord (Villaretto) previste nel 1995 per la realizzazione di un grande “parco agricolo”, e di altre aree nella zona Sud-Ovest (tra il Sangone e il castello del Drosso), con il corrispettivo dell’atterraggio di tali capacità edificatorie nell’ambito del Programma Integrato di Strada della Pronda, approvato con Accordo di Programma nel 2006, e solo parzialmente realizzato.

A seguito di molte richieste provenienti dal mondo agricolo, e di una Petizione Popolare discussa e approvata dal Consiglio Comunale, la precedente Amministrazione Comunale portò in approvazione il progetto Torino Città da Coltivare, e la Variante 301 che mirava a dare “legittimità” all’interno del PRG alle attività e agli operatori agricoli operanti in tale aree, che non avevano trovato adeguato riconoscimento all’interno di un Piano che non includeva la destinazione agricola tra le varie destinazioni urbanistiche. Con la Variante 301 si poneva tuttavia rimedio solo parziale a questa carenza, e la attuale Proposta Tecnica introduce una nuova destinazione, rimuovendo una situazione in cui le attività agricole erano soltanto “tollerate” ma non riconosciute.

Vengono così oggi identificate le Zone Agricole Ecologiche (Z.A.E.), sia nella parte piana sia in collina, con una ridotta capacità edificatoria da attribuirsi a tali aree e da attuarsi solo per limitati incrementi delle sedi operative delle aziende agricole in esse operanti, mentre nelle Z.A.E. di collina tali capacità edificatorie potrebbero trasferirsi nella parte piana, in una logica alquanto discutibile .

La Città, come abbiamo detto, dispone oggi di vaste aree agricole di proprietà comunale, soprattutto quelle aree che secondo il PRG dovevano servire alla realizzazione del “Parco Agricolo del Villaretto”, che vengono quindi poste in salvaguardia nella Revisione attuale, ma un progetto di parco agricolo (sugli esempi del Parco Nord o del Parco Sud di Milano) non è stato mai presentato.

In questo contesto valutiamo anche positivamente che in fase di discussione della Delibera nel Consiglio Comunale sia stato accolto l’emendamento che ha inserito le aree di Strada del Francese e di Strada di Settimo tra quelle da salvaguardare per la destinazione agricola. Spiace purtroppo che un provvedimento più ampio di Salvaguardia non sia stato inserito nel contesto della Proposta Tecnica.

Occorrerebbe tuttavia precisare all’interno della Z.A.E. quali siano effettivamente coltivate e quali siano soltanto “atte all’uso agricolo”, oppure proponibili per “Piani di Forestazione Urbana” anche se oggi non atte all’utilizzo a fini agricoli (ad es. le B asse di Stura o altre aree ambientalmente critiche).

Rimane tuttavia da definire all’interno delle Z.A.E. il futuro di un patrimonio di cascine storiche, oggi non più utilizzate e spesso condannate alla “ruderizzazione”, da salvaguardare con un apposito provvedimento che le censisca, le identifichi e le tuteli, un censimento che sarebbe indispensabile allegare “in corso d’opera” alla Revisione del PRG.
Riteniamo fortemente discutibile che, nella Proposta Tecnica, in tutto il territorio collinare dove il PRG vigente identificava le aree destinate alla realizzazione del Parco Collinare, per tutti quegli ambiti previsti a Parco non di proprietà comunale (PUC) ma che non sono state individuate come Z.A.E., resti ancora operante il metodo dei trasferimenti di capacità edificatoria dalla collina alla parte piana, all’interno delle Zone di Trasformazione.

Come già detto, a distanza di oltre 25 anni, la revisione del PRG attraverso la attuale Proposta Tecnica avrebbe dovuto essere in grado di presentare un bilancio degli “atterraggi”, con un’analisi e una rivisitazione delle aree destinate a Parco Collinare, nelle quali le cessioni alla Città sono state pari a Zero, e non casualmente.

Si tratta di aree per lo più sottoposte a gravi fenomeni di dissesto idrogeologico con cedimenti e movimenti franosi di interi versanti, oppure di aree classificate come boscate spesso in condizioni di forte degrado del patrimonio boschivo.
Per contro anche nella attuale Proposta Tecnica permane l’attribuzione di capacità edificatoria ad ambiti che sono palesemente inedificabili, con la conseguenza di mantenere “aspettative” da parte dei privati di cessioni a cui la Città non sarà mai interessata, salvo limitate porzioni tutte ancora da individuarsi che possano essere utili al completamento dei parchi già esistenti di proprietà comunale.

Così all’Art. 13 , tra le Norme relative agli APU (Aree a Parco Urbano) collinari permane il meccanismo degli atterraggi delle capacità edificatorie nelle Zone di Trasformazione, nelle Zone da Trasformare per Servizi, e in altre aree normative ivi elencate, senza ulteriori approfondimenti.

A nostro parere va quindi messo in discussione all’interno della Proposta Tecnica l’effettivo interesse della Città a queste virtuali acquisizioni di aree del tutto inadatte per realizzarvi parchi pubblici; pertanto occorrerebbe una generale ricognizione del territorio collinare, cancellando una volta per tutte queste virtuali “capacità edificatorie”, quasi per definizione insussistenti.
Andrebbe quindi allegata alla Proposta Tecnica una adeguata cartografia del territorio collinare che consentisse di sovrapporre e confrontare diverse carte tematiche: i parchi urbani esistenti (PUC), le Aree a Parco che erano state previste dal vigente PRG e quelle mantenute nella Proposta Tecnica; le Zone Agricole Ecologiche; le Aree Boscate; le Aree di Dissesto; il patrimonio architettonico e paesaggistico della collina torinese. Soprattutto all’interno di un Piano del Verde ancora assente occorre individuare le (limitatissime) aree di effettivo interesse della Città, per il completamento e collegamento dei parchi collinari esistenti, con la realizzazione del cosiddetto Anello Verde, e per il consolidamento dei percorsi pedonali di fruizione del territorio collinare che si collegano anche con quelli dei Comuni contermini. Il che rimanda anche in questo campo alla indispensabilità di un Piano del Verde, cancellando al contempo definitivamente nel territorio collinare il meccanismo abnorme dei “trasferimenti”.

Le aree a Parco urbano, agricolo, ecologico – fluviale e collinare sono suddivise (Art. 13) tra aree a Parco Urbano di proprietà della Città (PUC) e Aree a Parco Urbano non di proprietà della Città (APU), preordinate all’acquisizione da parte della Città. Pertanto anche per i Parchi Fluviali nelle aree di proprietà privata permane il meccanismo dei trasferimenti di capacità edificatoria.

Ma anche in questo caso, a distanza di 25 anni dall’approvazione del Progetto Torino Città d’Acque (che sarebbe comunque da inserire nelle sue linee guida nella Proposta Tecnica), ci domandiamo come sia possibile attribuire “diritti edificatori”, e prevedere trasferimenti di capacità edificatoria per aree collocate in fascia di pertinenza fluviale o per aree notoriamente inquinate.
Pensiamo soprattutto alle Basse di Stura in sponda dx., all’interno del P.17, già Sito di Interesse Nazionale (SIN), e poi “declassato”, in cui il costo delle bonifiche supera largamente il valore delle aree previste a Parco da cedere eventualmente alla Città. Come è possibile mantenere in tali aree capacità edificatorie? Sempre all’Art. 15, tra le Norme relative ad APU fluviali, vi è poi un riferimento all’ambito P17 (in cui rientrano le Basse di Stura), specificando che gli “indici di edificabilità” sono definiti in una apposita scheda normativa, che tuttavia ancora non conosciamo.

Per il completamento dei parchi fluviali inseriti nel progetto Torino Città d’Acque occorre quindi definire quali sono le effettive priorità della Città (ad es. il completamento Parco del Sangone in sponda sx., parco della Stura in sponda dx., e completamento del Parco del Meisino in sponda dx. Po), e individuare quali sono le aree a cui la Città è effettivamente interessata, cancellando per le altre eventuali capacità edificatorie quando sono inserite in fascia di pertinenza fluviale.

B. ALCUNI RILIEVI DI CARATTERE SPECIFICO

1. La viabilità e le infrastrutture in progetto
Nella relazione illustrativa (in particolare alle pp. 146 e segg.), si fa più volte riferimento ad interventi infrastrutturali individuati dal PRG del 1995 che sono stati più volte oggetto di discussione, alcuni dei quali sono stati recepiti poi da altri piani sovraordinati.
E’ oggi il caso di rimettere in discussione nel processo di Revisione Generale molte previsioni viabilistiche contenute nel P.R.G. del 1995 e nel successivo Piano Urbano del Traffico.

Ha un senso il mantenimento in salvaguardia del cosiddetto corridoio di corso Marche, individuato dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP2), se esso non è più interpretato come grande asse infrastrutturale a più livelli secondo ipotesi ormai tramontate legate al tracciato dell’Alta Velocità Torino-Lione, ma visto anche e soprattutto come connessione tra aree agricole di pregio che vanno dalla Dora al Sangone, con un vasto patrimonio di cascine, oggetto di studi e approfondimenti dell’arch. Cagnardi (che aveva parlato di “Parco delle Casine”).

Per contro non ha più senso mantenere l’ipotesi del collegamento-prolungamento della SS 11 tra Strada Bertolla e la Stura, anche se è stata cancellata opportunamente l’ipotesi di un sotto-attraversamento del Po in un’area naturale protetta; essa avrebbe comunque l’effetto di scaricare ingenti volumi di traffico verso l’asse del Po sul Ponte della Barca e sul Ponte Diga, e va pertanto riesaminata.

La stessa previsione di un prolungamento della Metro 2 verso Pescarito e San Mauro rende inutile questa previsione, se si vogliono scoraggiare flussi di traffico in penetrazione verso la città o di attraversamento del centro urbano.

Si propone poi la cancellazione definitiva della previsione di un nuovo ponte tra corso San Maurizio e corso Casale, che andrebbe peraltro ad impattare sul Parco Michelotti recentemente riqualificato; previsione stranamente trasferita per inerzia dal PRG del 1995 nella nuova Proposta Tecnica, inserita dalla Città nei Piani Urbani del Traffico e infine negli elaborati del PUMS ancora in fase di definizione.

2. Le Zone di Trasformazione: proposte di revisione
Si propone di procedere alla soppressione della Z.U.T. non attuata, denominata Modena Nord (10.1), ove è previsto l’atterraggio di capacità edificatorie generate dai parchi collinari che andrebbero ad incrementare l’edificabilità di tale ambito (con previsione soprattutto di attività ricettive e residenze); questa zona urbana costituisce una sorta di “cerniera” tra parchi collinari e parchi fluviali, ovvero tra il Parco Naturale della Collina di Superga ed il parco del Meisino. Trattasi di un ambito certo bisognoso di interventi di riqualificazione, ma è opportuno rinunciare ad “atterraggi” che andrebbero a incrementarne l’edificabilità oltre gli indici di zona.

Tra le aree che nel PRG erano indicate da trasformare per servizi (ATS) si riscontra la criticità dell’Ambito Bertolla Sud, oggetto della Variante 228 che ne ha determinato il passaggio da ATS a ZUT, con pesanti ricadute ambientali, trattandosi di un borgo storico collocato tra superstiti aree agricole e il territorio della Zona di Protezione Speciale (ZPS T110070) dell’Isolone di Bertolla, in un ambito di pregio paesaggistico che si affaccia verso la collina di Superga, il parco del Meisino e su tutta l’area della Confluenza con la sua ricca avifauna, per cui avrebbero dovuto essere valutate quelle ricadute ambientali che possono vanificare le stesse motivazioni per cui venne istituita la ZPS.

L’area presenta inoltre molte criticità dal punto di vista idrogeologico, data la prossimità della falda superficiale, e notoriamente esondabile (Fascia B del PAI). Gli interventi edificatori previsti nel loro complesso, considerando anche l’abnorme sviluppo edilizio parzialmente attuato in modo disomogeneo nei sub-ambiti Bertolla Nord, stanno snaturando e stravolgendo completamente questo pezzo di territorio. Valutando nel loro insieme gli interventi già in atto o già in fase di autorizzazione, si propone di valutare l’impatto degli interventi ancora non attuati, al fine di garantire l’integrità di un borgo storico come Bertolla e Borgata Verna, che andrebbe opportunamente perimetrato ai fini della tutela del paesaggio e delle testimonianze storico-architettoniche dell’antico “Borgo dei Lavandai”, ripensando gli interventi già previsti ma non ancora attuati, possibilmente di concerto con i loro attuatori, valutando la possibilità di trasferimenti ed introdurre limitazioni nell’altezza degli edifici mantenendo le visuali verso il Po e la collina, e vengano tutelate le testimonianze architettoniche delle borgate.
Oltretutto per questo territorio mancano uno studio e una valutazione dei flussi di traffico indotti dalle nuove attività commerciali e dalle residenze sulla viabilità esistente, unitamente all’ambito Bertolla Nord, anche in rapporto con l’ipotesi della “bretella” di connessione della SS 11 con la zona della Barca.
Nella Relazione illustrativa (pag. 31), sotto la sigla Re5, si fa riferimento a “Residenze aggregate in borghi di impianto extraurbano con edifici organizzati prevalentemente secondo un disegno aperto”, e ci domandiamo se il territorio di Bertolla e di borgata Verna non potrebbe rientrare in questa classificazione, comunque giudicandoli meritevoli di uno studio specifico, e di approfondimenti che ne tutelino i caratteri identitari.

3. Il consumo di suolo e le compensazioni
Nelle Norme Tecniche di Attuazione, all’art. 2.3 (Consumo di suolo e Bonifiche), in tema di consumo di suolo si definiscono le aree a “consumo di suolo zero”, aree con “compensazione obbligatoria”, in cui si consentono interventi di consumo di suolo destinando altre analoghe porzioni di territorio a funzioni ecologiche a ambientali, a infine aree “a saldo positivo”, in cui si possono realizzare incrementi con compensazione ambientale “incrementata”.

Tra le aree a “compensazione obbligatoria” vengono incluse le aree consolidate collinari (Art. 4.2), e questo rischia di provocare danni al patrimonio di verde privato, con compensazioni che non è chiaro dove verrebbero realizzate. Si ritiene più in generale che tale articolo consenta eccessiva discrezionalità negli interventi “compensativi”, che andrebbero comunque proposti soltanto in aree contigue o comunque di prossimità, previa analisi del territorio e dei fabbisogni del quartiere, con eventuali accorpamenti con altre aree pubbliche, evitandone il trasferimento in zone di scarso interesse slegate da progetti di riqualificazione del territorio che siano di effettivo interesse della Città.
Le “compensazioni” devono comunque essere individuate in aree di buona qualità dei terreni, ed una certificazione della qualità ambientale effettiva dei terreni proposti. Va esclusa prioritariamente ogni ipotesi di mera “monetizzazione”.

Un altro aspetto del consumo di suolo da approfondire nella Proposta Tecnica è legato alla realizzazione di grandi complessi sportivi, su terreni liberi o aree verdi e a parco di cui viene sovente compromessa la permeabilità.
Le Norme attuali consentono in tutte le aree a verde e a parco la realizzazione di impianti sportivi, che comportano sovente impermeabilizzazione e copertura di terreni liberi e permeabili, anche per parcheggi e spogliatoi.
Nelle Aree a Parco , tra le Norme di tutela ambientale (Art. 2.2) e quelle relative al Consumo di Suolo (2.3), andrebbe specificato che ogni intervento deve essere reversibile, evitando pavimentazioni impermeabili.

Richiamiamo l’attenzione sulle tante autorizzazioni rilasciate per l’allestimento di vaste tensostrutture che dovrebbero avere carattere precario ma diventano poi di fatto permanenti (i palloni pressostatici). Tali impianti, di solito costruiti in aree verdi e spesso classificate come parchi fluviali, in periodi in cui non si prestava attenzione a tali aspetti, dovrebbero essere sottoposti a Permesso di Costruire e ad autorizzazione paesaggistica se collocati in aree sottoposte al PPR.
Essi comportano sovente consumo di suolo libero e di terreno prativo di buona qualità, in una casistica non citata all’Art. 2.3, ma non vengono citati né all’Art. 13 (Aree a parco urbano, agricolo ecologico – fluviale e collinare), né all’Art. 14 del Tit. V, La tutela e la valorizzazione dei beni culturali e del paesaggio.

La normativa vigente per le aree verdi e a parco non prende in considerazione tali strutture, laddove vengono costruiti impianti sportivi di privata gestione in regime di concessione o di convenzione, senza approfondirne l’effetto sul consumo di suolo, in particolare in prossimità delle sponde fluviali e più in generale nelle aree a parco. Tale aspetto è stato evidenziato dalla Consulta Ambiente e Verde anche nelle proposte e osservazioni al nuovo Regolamento Edilizio, ancora in itinere.
Per quanto concerne l’Art. 12 (Titolo IV, Aree per servizi e a parco), che rimanda a sua volta all’Art. 9, Aree Se lett. “v”, è opportuna una miglior definizione della formulazione secondo cui “nelle aree a verde e a parco urbano sono ammesse: le relative aree a parcheggio di attestamento da prevedersi in fregio alle sedi stradali e di dimensioni strettamente limitate alle esigenze di fruizione…”.

In realtà i “parcheggi di attestamento”, come indicati nel Piano Urbano del Traffico, sono altra cosa, funzionali all’accesso al centro, mentre si prevedono poi altre tipologie di parcheggi connessi con i nodi intermodali in aree periferiche.
Altra cosa sono poi i parcheggi previsti per legge per altre destinazioni urbanistiche, come ad es. per le aree ASPI e in specie per le medie e grandi strutture di vendita, dove vi è la tendenza a consumare aree verdi in piena terra per trasformarle in verde su soletta (si veda il caso dell’area Nebiolo-Westinghouse aggiudicata ad Amteco-Maiora per il centro commerciale Esselunga).
Ma per le aree verdi e a parco non occorrono “parcheggi di attestamento”, semmai eventualmente parcheggi di servizio per talune attività operanti al loro interno. Se non meglio specificato, tale formula consentirebbe rilevante consumo di suolo (in questo caso di superfici a verde) per realizzarvi parcheggi a raso. La fruizione dei parchi deve essere essenzialmente pedonale, ed aree di parcheggio vanno individuate in zone esterne agli stessi.

In tema di consumo di suolo si chiede di rivedere l’Accordo di Programma ratificato il 18.01.2016 relativo alla Z.U.T. 16.35, Palazzo del Lavoro, integralmente destinato ad ASPI, seguito da un PEC presentato nel novembre 2017 per la realizzazione di un “centro commerciale classico”, e sottoposto a VAS conclusasi con una Determina del 02.04.2019.
Considerata la rinuncia della Società Pentagramma e il suo scioglimento, a cui è seguito il passaggio integrale della proprietà dell’immobile ad un soggetto pubblico come Cassa Depositi e Prestiti, si propone di rivedere l’Accordo di Programma essendo decaduto il PEC già presentato, ai fini di minimizzare il consumo di suolo nelle aree verdi circostanti il Palazzo del Lavoro, di cui si prevedeva la trasformazione in verde su soletta con l’abbattimento di massima parte del patrimonio arboreo, con “compensazioni ambientali” di dubbia efficacia.
La dotazione di parcheggi interrati prevista nell’AdP può essere rivista in funzione della tipologia di attività di possibile insediamento, e realizzata sotto aree già impermeabilizzate, garantendo meglio anche il principio della “invarianza idraulica” prescritto nella Proposta Tecnica di Revisione del PRG.

4. I Programmi Integrati (PRIN)
In connessione con il tema del consumo di suolo si propone di rivedere, possibilmente in forma concertata con gli attuatori dell’intervento, il Programma Integrato relativo alla Z.U.T. “Ambito 8.22 Pronda Marche” (Pozzo Strada) , sottoscritto nel 2006 e successivamente modificato nel 2011, rivelatosi sovradimensionato, che comporta un rilevante consumo di suolo libero in prossimità di residue aree agricole periurbane della Città di Torino e soprattutto del Comune di Grugliasco, ridimensionandone le previsioni insediative residenziali (400 alloggi, un supermercato, e altre quote di SLP per commercio e terziario).

5. Il territorio collinare e la sua accessibilità
Fermo restando quanto già detto in merito ai forti dubbi circa la scelta di mantenere il trasferimento di capacità edificatoria delle aree previste a Parco Collinare verso la parte piana, vanno chiariti alcuni altri problemi aperti.

Nel territorio collinare va definito se i percorsi pedonali tracciati nella cartografia di piano nella scala 1:5.000 (indicati come “pallinati”) restano validi e se vengono confermati anche nella Proposta Tecnica dl Progetto Preliminare; quale tipo di valenza abbiano; se costituiscano un vincolo per i proprietari nelle aree a parco, oppure se siano meramente virtuali.

Nella Relazione Illustrativa (pag. 118) si dichiara che nella Proposta Tecnica verranno inseriti “i percorsi del CAI”(?!).
Attualmente esiste una rete di sentieri recuperati e segnalati da Pro Natura Torino ed altre associazioni di volontariato che fanno capo al Coordinamento Sentieri della Collina Torinese, identificati e cartografati, rientranti nel Catasto dei Sentieri. Non esistono “i percorsi del CAI”, salvo il tracciato della Grande Traversata della Collina di Torino promosso dal CAI di Moncalieri che si svolge prevalentemente sui comuni contermini e per alcuni segmenti anche in parchi pubblici esistenti entri i confini comunali (Parco della Maddalena).

Il vigente PRG poi identifica alcuni “percorsi storici”, che tuttavia si sviluppano essenzialmente lungo assi stradali (viabilità minore).
Nella Relazione Illustrativa (a pag. 146) si ricorda l’inserimento del territorio collinare tra i beni paesaggistici inseriti nel Piano Paesaggistico Regionale, con itinerari e percorsi storici, e rilevanti beni architettonici (“vigne”, cappelle, luoghi di culto, ed altre testimonianze).
Per dare valenza al Piano vanno anche identificati e tutelati i punti e le visuali panoramiche, spesso occluse da pesanti recinzioni anche di recentissima realizzazione, con materiali del tutto incongrui. Analogamente dovrebbero essere tutelate e opportunamente perimetrate alcune borgate storiche collinari, come Cavoretto (Comune autonomo fino alla fine del XIX secolo), Mongreno, Borgata Forni, Tetti Goffi, Tetti Bertoglio, Tetti Rocco, Reaglie.

Va inoltre evidenziato che la Città di Torino , con delibera della Giunta Comunale del 17 aprile 2000, ha approvato il Progetto Preliminare del cosiddetto Anello Verde, che partendo dal parco del Meisino si snoda risalendo attraverso alcune borgate storiche sopracitate (i diversi “Tetti”) verso il Parco della Collina di Superga, l’Eremo e i parchi collinari di proprietà comunale, scendendo poi su San Vito ed il parco Giacomo Leopardi.
Ci pare quindi indispensabile che oltre alla rete dei sentieri esistenti già segnalati e recuperati venga inserito in una auspicabile e adeguata anche il tracciato complessivo dell’Anello Verde, di cui è stato finora realizzato il I Lotto.

Sempre per quanto riguarda il territorio collinare andrebbe chiarito in cartografia se le aree individuate come Zone Agricole Ecologiche siano effettivamente coltivate, se ospitino aziende agricole tuttora operanti, o se siano soltanto di potenziale utilizzazione ai fini agricoli per la buona qualità dei terreni e la loro disposizione, e occorrerebbe anche specificare come si caratterizzino in questo contesto le aziende florovivaistiche.

6. La tutela dei parchi storici
Inserito nel PRG vigente, e riconfermato negli Allegati Tecnici nn. 15 e 17 della Proposta, abbiamo il catalogo dei beni paesaggistici, dei parchi e dei giardini storici, e qui troviamo censiti i beni sottoposti a tutela ministeriale con il riferimento ai vari decreti e alle relative schede, tra cui molti giardini storici anche storici di privata proprietà.

Per contro nella documentazione illustrativa il Parco del Valentino viene genericamente classificato come “parco urbano”, sottoposto alle generiche norme che riguardano i parchi urbani, mentre andrebbe ricordato il D.M. del 1948 di tutela del parco, e l’esistenza al suo interno di un bene oggetto di tutela tra i siti dell’UNESCO come il Castello del Valentino, con le sue aree di pertinenza e quelle contigue (“Buffer Zone”), inserito nel Sistema delle Residenze Sabaude; per il Valentino va anche sottolineata la valenza per esso del Piano Paesaggistico Regionale.

Data la complessità della situazione del Parco, su cui ricadono non solo diversi elementi di tutela, ma anche presenze storiche consolidate, e molteplici funzioni sportive e ricreative, occorre forse pensare nella revisione del Piano ad una scheda specifica per questo parco ai fini della sua particolare salvaguardia, eventualmente indicandolo come Zona con Prescrizioni Particolari, in cui ogni intervento deve essere coerente con un progetto complessivo di restauro e riqualificazione, e sottoposto a verifiche e prescrizioni che ne garantiscano un corretto inserimento ambientale, nel rispetto dei valori storici e naturalistici del più frequentato parco cittadino.
Anche se un Piano Regolatore (in questo caso la Proposta Tecnica di revisione del vigente PRG) non può certo intervenire a regolare le “norme d’uso” dei parchi in generale, nel caso del Parco del Valentino la Proposta Tecnica dovrebbe anche fare chiarezza in merito al regime viabile del parco, ufficialmente pedonale, che oggi invece ospita impropriamente vastissime aree per la viabilità e parcheggi a raso in superficie, in palese conflitto con le norme previste per le aree dei parchi urbani consolidati e con il dichiarato intento di limitare il consumo di suolo incrementandone la permeabilità.

7. Beni Ambientali e paesaggistici
Si rileva nel catalogo dei beni sottoposti a tutela, unitamente alle alberate storiche cittadine da tempo tutelate con apposito Decreto Ministeriale, il mancato inserimento di Corso Guglielmo Marconi, classificato come storico asse di collegamento tra la Chiesa e il Convento di San Salvario e il Castello del Valentino, che è stato dichiarato “di interesse culturale” con provvedimento del Ministero dei Beni Culturali in data 18 novembre 2014.
Si chiede pertanto di inserirlo nelle tavole e nelle perimetrazioni relative. Esso fu realizzato come il primo grande “viale alberato” pubblico cittadino nel XVII secolo, e la sua alberata (anche se oggi trascurata e “vittimizzata” dai tanti interventi nel sottosuolo e nel soprassuolo) va opportunamente tutelata e riqualificata.

Per la Consulta,
Emilio Soave presidente

Torino, 14 ottobre 2020

scarica il pdf

2020 10 14 Consulta ambiente e verde – Osservazioni PRG.