Parco del Meisino – Ex galoppatoio Militare Quale futuro?

Alla cortese attenzione
Assessora Ambiente, Ing. Chiara Foglietta
Assessore ai Parchi, Ing. Francesco Tresso

Città di Torino

Presidente Dott. Luca Deri
Coordinatrice VI Commissione Dott.ssa Marta Sara INI’

Circoscrizione 7

Presidente, Dott. Roberto Saini
Direttore, Dott. Daniele Piazza
Ente di Gestione Aree Protette del Po Torinese

Torino, 1 dicembre 2021

Oggetto: PARCO DEL MEISINO – EX GALOPPATOIO MILITARE – quale futuro?

L’area che insiste sull’ex galoppatoio militare Dardi, già Poligono militare del Meisino, riveste grande rilevanza sul piano ambientale/storico/sociale della vita del parco del Po, viene ritenuta di estrema importanza per la Città e sta molto a cuore alla popolazione, alle Associazioni Ambientaliste e ai gruppi di cittadini attivi sul territorio.
Si tratta come è ben noto di una Zona a Protezione Speciale designata nel 1997 ai sensi della Direttiva Uccelli 2009/147/CE (ex-79/409/CEE), con la denominazione di “Meisino” (IT1110070-Confluenza Po-Stura di Lanzo), e inclusa tra i siti facente parte di rete Natura2000, e Riserva Naturale Regionale (Riserva Naturale Speciale del Meisino e dell’isolone di Bertolla), è inserita nel Parco del Po Torinese, si trova in “fascia b” di esondazione (non si può costruire) e nella fascia di vegetazione ripariale permangono tratti di habitat protetti ai sensi della Direttiva Habitat 92/43/CEE.
Pertanto diviene indispensabile mantenerne la vocazione naturalistica, acquisita nel tempo anche grazie al suo “isolamento” che, insieme agli altri vincoli paesaggistici, ne determina le azioni che possono svilupparsi al suo interno, salvaguardando in primis le valenze naturalistiche, estremamente rare in un contesto urbano, che vanno preservate e protette sia in termini di gestione forestale e naturale sia in termini di fruizione (area spondale e zona umida in particolare)
L’ex Galoppatoio offre alla Città una grande opportunità culturale e di valorizzazione naturalistica e turistica, si inserisce nella rete di parchi fluviali e collinari di grande qualità che hanno anche meritato un autorevole riconoscimento dall’UNESCO (MaB – Riserva CollinaPo) e sono massicciamente fruiti dai torinesi.
Il modello per l’area va proposto in funzione della salvaguardia del bene e nel rispetto della vocazione e peculiarità delle varie zone che la compongono: occorre perseguire l’obiettivo di un ripristino armonico con tecniche di ingegneria naturalistica, che devono essere indirizzati al minimo impatto possibile tenendo in conto le eccellenze naturalistiche, estremamente rare in un contesto urbano, che vanno preservate e protette, la messa in sicurezza, la naturale funzione di bacino di espansione a difesa dell’abitato di Borgata Rosa in caso di esondazione (come avvenuto negli anni scorsi), la fruibilità e accessibilità, i servizi di cui dotare l’area, gli aspetti gestionali ed economici, in quanto i problemi di gestione finale del bene spesso vengono “dimenticati” e non inseriti nella fase di progetto mentre occorre prendere in seria considerazione le modalità di gestione futura nello sviluppo del progetto.
Sottolineiamo come le Associazioni, i Comitati spontanei, la stessa Consulta, abbiano più volte proposto un modello per l’area in funzione della salvaguardia del bene.
Schematicamente, la proposta emersa è quella di individuare tre zone, una a fruizione libera, un’altra a fruizione controllata, ed infine una terza sottoposta a vincoli di salvaguardia molto rigorosi frequentabile sono per studio e didattica.
Non possiamo quindi che condividere le espressioni che sono state più volte ripetute in Consiglio Comunale, in diverse Commissioni Consiliari, in Circoscrizione7 e che potremmo sintetizzare prendendo a prestito la formulazione della Circoscrizione 7 riferita all’ex galoppatoio e a tutta l’area spondale: “… la Città può fare di più e deve utilizzare l’ex Galoppatoio, …., per compiere un significativo “atto di restituzione” alla Natura….. Torino deve utilizzare l’area spondale per crearvi lo “SCRIGNO VERDE MEISINO” in cui animali e piante possano vivere e riprodursi senza subire i danni ingenerati da una massiva presenza umana formando una delle più interessanti aree naturalistiche urbane di Europa integrandosi nel parco fluviale esistente” – 13 FEBBRAIO 2017
Occorre quindi costruire di concerto tra Città, Università (Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali), Istituto per le Piante da Legno e L’ambiente (IPLA), Associazioni Ambientaliste, eventuali soggetti privati, un progetto di rinaturalizzazione/conservazione dell’intera area per riqualificare il patrimonio arboreo in funzione della nidificazione e del ripopolamento da parte della fauna spondale ed in particolare dell’avifauna mantenendo alta nel contempo la qualità dell’acqua del Po per garantire una corretta vita al fiume.
Occorre prestare massima attenzione al rischio della “privatizzazione del bene”; non si può prescindere dal considerare che una logica di privatizzazione confligge con il preservare la risorsa come bene comune.
Risulta fondamentale, perciò, mantenere il patrimonio a disposizione della città e dei cittadini, in questo senso il tipo di gestione verso cui tendere non è un elemento insignificante e l’intervento dei privati (ipotizzabile su zone definite) deve significare la NON privatizzazione delle aree stesse, con modalità che vanno definite, ribadiamo, in una visione di BENE COMUNE.
A questo proposito segnaliamo come la presentazione di progettualità private (ad esempio l’ultima della quale siamo venuti a conoscenza in maniera informale, presentata l’Associazione aEQUUS A.P.S) debba essere inserita in questo processo condiviso, di modo che la valutazione possa avvenire in un contesto che sappia considerare l’area nella sua globalità, che tenga in debito conto i valori espressi in precedenza, i vincoli presenti anche per quanto concerne l’alveo del fiume e non offra spazio diretto ed indiretto ad azioni di privatizzazione dell’area che la possano sottrarre alla disponibilità della Città e dei cittadini.
Esprimiamo una certa preoccupazione sul futuro dell’ex-Galoppatoio e sulla sua fruibilità pubblica nel caso in cui non venga sviluppato il processo di concertazione di cui sopra, che parta da un’approfondita conoscenza dell’area.
Diviene necessario, a nostro parere, costruire un percorso di partecipazione democratica nella definizione dei criteri di riqualificazione, di controllo e di gestione, per rendere i cittadini corresponsabili dell’area: conoscenza, attenzione, rispetto, responsabilità.
I recenti lavori attuati dall’Amministrazione comunale hanno restituito alla fruizione della Città una parte significativa, essenzialmente prativa, a lato del percorso ciclopedonale esistente su via Federico Nietzsche, a naturale completamento del parco del Meisino.
Nella rimanente zona di maggior pregio naturalistico ed avifaunistico, si è evitata la libera fruizione, ma purtroppo, lo scarso rispetto di una parte della cittadinanza, favorito anche da una oggettiva difficoltà a limitare l’accesso a quella porzione di area, non impedisce accessi ed usi impropri delle costruzioni e l’apertura di fatto di un percorso abusivo lungo la sponda che ha rilevante valore anche per la nidificazione dell’avifauna.
Sarebbe quanto mai necessario che l’Ente Parco e la Città procedessero in tempi brevi i alla “tabellazione” dell’area, apponendovi cartelli che ne dichiarino l’importanza, segnalino i possibili pericoli e testimonino la sua appartenenza al Sistema delle Aree Protette, per consentire più efficacemente le attività di vigilanza; inoltre sarebbe opportuna una manutenzione/sistemazione delle recinzioni ed un coordinamento della vigilanza da parte degli Organismi di Controllo.
Va definito un percorso di rinaturalizzazione e messa in sicurezza con particolare attenzione al destino degli edifici in essa compresi (in cospicua parte da abbattere); risulta anche chiaro al contempo, che vada adottato un piano di gestione da concordare con l’Ente di Gestione delle Aree Protette del Po torinese.
A questo proposito rileviamo con soddisfazione che la Regione Piemonte con D.D. 20 ottobre 2021, n. 3007 –abbia concesso al sopraddetto Ente l’utilizzo dell’area demaniale “ex alveo” del fiume Po, posta all’interno della Riserva Naturale del Meisino e Isolone di Bertolla, nei comuni di Torino e di San Mauro Torinese.
Chiediamo inoltre che la Consulta sia messa a conoscenza dello stato di avanzamento dei lavori annunziati e realizzati e delle tempistiche dei futuri interventi ribadendo che il tutto dovrebbe essere oggetto di un piano di gestione concordato dalla Città di Torino con l’Ente Parco del Po Piemontese e la cittadinanza.
Chiediamo che su questa tematica si apra un tavolo di lavoro condiviso al quale le varie parti sociali possano dare il proprio contributo.
Nel ringraziare per l’attenzione rimaniamo in attesa di un cortese cenno di riscontro

CONSULTA COMUNALE PER L’AMBIENTE E IL VERDE
Il Presidente Emilio Soave

il Vicepresidente Piergiorgio Tenani

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